Quello che è successo al Festival di Sanremo è senza ombra di dubbio qualcosa che fa discutere. L’esibizione di Blanco, il suo atto di vandalismo nei confronti della scenografia del palco dell’Ariston non ha nulla a che vedere con la piacevolezza della musica. E se il gesto è stato davvero brutto, le parole che lo hanno seguito hanno fatto di peggio: “Io mi sono divertito comunque”.
A fronte di un problema tecnico in cuffia, la reazione del cantante non è stata quella di interrompere l’esibizione per comunicare il guasto, ma al contrario ha proseguito danneggiando e scaraventando per aria vasi, fiori e scenografia. Interrogato dal conduttore Amadeus per il gesto, ha dichiarato:
Tanto la musica è la musica, bisogna divertirsi. La cosa bella della musica è che non bisogna seguire uno schema, ci sono delle volte in cui le cose non vanno bene... non si sentiva la voce perciò ho cercato comunque di divertirmi.
Blanco, Sanremo 23
Quello a cui gli spettatori hanno assistito non è classificabile come divertimento per la musica, non è nemmeno un tentativo maldestro di ovviare a un problema tecnico durante un’esibizione, ma è una evidente difficoltà di regolazione emotiva, un’emotività che dilaga distruggendo quello che incontra.
Il rischio è che un gesto simile passi il messaggio che quando vuoi divertirti sei legittimato a prendere quello che hai intorno, anche se non è tuo, anche se è frutto del lavoro e della fatica di qualcun altro, distruggendolo.
NO, NON È COSÌ
È legittima l’emozione della rabbia per un imprevisto tecnico che inficia l’esibizione.
Ma dichiarare che il suo comportamento è stato la manifestazione del suo divertimento e del suo fare musica, non è in alcun modo accettabile.
Il comportamento è stato inaccettabile, tuttavia ciò non motiva il mero gossip. Quanto è accaduto ieri è solo un episodio, pubblico, in diretta nazionale, ma non è nemmeno stato l’unico (basti pensare agli Omini, alla loro eliminazione da Xfactor, o all’esibizione dei Måneskin a Las Vegas) non è quindi corretto usarne il protagonista come capro espiatorio. Sarebbe invece utile cogliere l’occasione per parlare con i nostri figli, per dialogare insieme a loro rispetto alla capacità di dare un nome alle emozioni e alle conseguenze che può avere una gestione emotiva sbagliata.
Ma se lui fosse venuto da te e ti avesse detto "Scusi signor Amadeus, non sento bene, potremmo rifarla?".
Noi gliela facevamo rifare.Gianni Morandi